viernes, octubre 27, 2006
atena nera


La civiltà globale moderna, secondo il modello eurocentrico dominante, è il prodotto di un’avventura intellettuale iniziata da zero con gli antichi greci, risultato eccezionale di acquisizioni senza storia e senza precedenti? Oppure la concezione del genio greco (leggi: "europeo") come fonte di civiltà unica e più antica è semplicemente un mito razzista ed eurocentrico? In quest’ultimo il cosiddetto miracolo greco ha avuto la funzione di fondare le illusioni della superiorità culturale europea (specialmente nel diciannovesimo secolo) e di affrancare la storia della civiltà europea da ogni debito nei confronti delle civiltà (indubbiamente più antiche) situate nella regione in cui è avvenuta la rivoluzione agricola nel mondo antico: dal deserto del Sahara, una volta fertile, e dall’Etiopia, attraverso l’Egitto, la Palestina e la Fenicia fino alla Siria, all’Anatolia, alla Mesopotamia, all’Iran - includendo quindi la più piccola Mezzaluna fertile - e alla valle dell’Indo. La Creta minoica, e successivamente micenea, occupa una posizione strategica sia come prima civiltà europea nel Mediterraneo orientale, sia come avamposto delle più antiche culture egizie e asiatiche occidentali. Anticipando la successiva dipendenza della civiltà europea medioevale dalle fonti ebree ed arabe, Bernal sostiene la presenza di un vitale contributo "afroasiatico" alle stesse origini della civiltà greca (o piuttosto africano e asiatico; quella afroasiatica è probabilmente soltanto una delle famiglie linguistiche coinvolte), successivamente diventata europea e oggi nordatlantica, soggetta a un continuo processo di globalizzazione. La monumentale opera di Bernal, Atena nera, concepita come una tetralogia di cui finora sono stati pubblicati i primi due volumi, affronta questi problemi seguendo due prospettive principali. Il primo volume, oltre a presentare un’anticipazione estremamente ambiziosa ma deliberatamente poco argomentata e con scarsi riferimenti bibliografici a sostegno delle scoperte promesse dall’opera nel suo insieme, è in sostanza un’affascinante ricerca di storia e sociologia della conoscenza sulla cultura accademica europea. Esso ricostruisce la consapevolezza storica dei produttori culturali europei rispetto al debito intellettuale dell’antica Europa nei confronti dell’Africa e dell’Asia, nonché la successiva repressione di tale consapevolezza con l’invenzione dell’antico miracolo greco. L’altra prospettiva, di cui il secondo volume costituisce la prima parte, è una rassegna delle prove convergenti a livello storico, archeologico, linguistico e mitologico che evidenziano tale debito culturale. Questa dipendenza storica è emblematizzata nella rilettura di Bernal (sulla scorta di Erodoto) del mito di Atena, in apparenza la più ostentatamente ellenica delle antiche divinità greche, in verità emulazione periferica della dea Neith di Saïs e quindi legittimamente ribattezzata "Atena nera" (Erodoto, Storie, II, 28, 59, 83 ecc.). L’identificazione di Neith con Atena non si limitava ad Erodoto, ma era opinione generalmente condivisa nell’antichità grecoromana. L’opera di Bernal ha avuto finora vicissitudini alterne. I classicisti, che non la considerano una critica forte alla cultura intellettuale eurocentrica del mondo nordatlantico preso nel suo insieme, ma un’accusa scagliata contro la loro stessa disciplina da parte di un autore che insiste nel giocare un ruolo da outsider, lo hanno spesso liquidato scorrettamente; meglio è andata - specie prima della pubblicazione del secondo volume - con gli specialisti di archeologia, cultura e lingue del vicino Oriente antico e di religioni comparate. Quasi tutti i critici sono rimasti impressionati dall’ampiezza e dalla profondità della dottrina di Bernal, ma anche sconcertati dalla sua distanza dai dibattiti in corso. L’ambiente che ha accolto con entusiasmo la tesi centrale di Bernal è quello dei circoli intellettuali degli afroamericani. In tale ambito il grande significato attuale di Atena nera è stato giustamente riconosciuto: non tanto come una sorta di revisione puramente accademica di una storia antica e lontana, ma come contributo rivoluzionario alla politica globale della conoscenza nella nostra epoca.
Tuttavia, essendo l’autore un accademico bianco di estrazione altoborghese, l’impatto di Atena nera è stato notevole. Quest’opera infatti contribuisce alla costruzione di un’identità nera militante, offrendosi come alternativa: non rifiuto pieno di disprezzo, né analoga autocelebrazione come la négritude di Senghor e Césaire che si oppone al modello dominante bianco nordatlantico, bensì cortocircuito di quel modello. Non a caso molte critiche anche aggressive si basano sull’allarme suscitato dalla politicizzazione e dal logorio dell’accademia che deve confrontarsi con l’afrocentrismo militante. Sono stati numerosi gli studi accademici fuori dal contesto del dibattito su Atena nera che hanno insistito sulla continuità fondamentale fra le civiltà del vicino Oriente antico. Questi approcci hanno resuscitato l’antico adagio ex oriente lux, che secondo Bernal contiene in forma frammentaria il "modello antico" (presente secondo lui in molti autori classici, compreso Erodoto) di un indebitamento riconosciuto della Grecia - e dunque di tutta l’Europa - nei confronti del Vicino Oriente antico. Questo motto è stato rifiutato durante l’Illuminismo. «Oggi è dal Nord che la luce viene a noi» (Voltaire, Lettera a Caterina II di Russia, 1771). Ex oriente lux è stato infatti per decenni il nome dell’accademia olandese per lo studio del Vicino Oriente antico e della rivista da questa pubblicata. Anche se il pesante indebitamento culturale dell’Europa nei confronti del Vicino Oriente antico non costituisce più un segreto come un centinaio di anni fa, esso ha incontrato ricezione ostile fino agli anni Ottanta, per cui a Bernal deve essere riconosciuto il merito di aver diffuso questa intuizione cruciale. Atena nera ha contribuito molto a renderla accessibile a circoli culturali che ne avevano estremo bisogno per costruire e ricostruire la propria identità. Del resto, lo stesso Bernal non considera eccessivamente originali le sue tesi: «Dovrebbe essere chiaro a ogni lettore che i miei libri si basano su una tradizione di studio moderna. Le idee e le informazioni che uso non provengono sempre da campioni di sapienza convenzionali, ma pochissime ipotesi storiche portate avanti da Atena nera sono originali. La sua originalità deriva dall’aver messo insieme e reso centrali informazioni che in precedenza erano disperse e periferiche». È un fatto indiscutibile che sistemi di produzione (in parte), lingua, divinità, santuari, miti, magia, astrologia, alfabeto, matematica, arti nautiche e arti commerciali degli antichi greci non erano invenzioni originali, ma avevano antecedenti chiaramente identificabili fra i popoli vicini con tradizioni culturali più consolidate. Le probabili conclusioni parzialmente prevedibili già nel primo volume di Atena nera - che però non dovevano e non potevano essere discusse seriamente prima della pubblicazione completa dei volumi successivi - avevano provocato un dibattito riguardante gli eventuali antecedenti egizi della scienza e della filosofia della Grecia classica. Diversi critici deplorano la supposta incompetenza con cui Bernal si riferisce a una corrente di sapere egizio che - spesso con il nome di ermetismo - ha presumibilmente permeato la cultura europea fin dalla tarda antichità. È difficile capire se le opinioni liquidatorie di questi critici derivino semplicemente da un loro personale disappunto nel vedere le cosiddette "pseudoscienze", come astrologia, geomanzia e alchimia, elevate al rispettabile rango di veicoli di trasmissione segreta della conoscenza: è il modo in cui molti occultisti hanno considerato la questione nel corso dei secoli. Alcuni recenti studi sulla tradizione ermetica, rispettabili dal punto di vista accademico e senza la minima connessione con il dibattito su Atena nera, arrivano a conclusioni analoghe. Essi considerano l’esoterismo europeo un veicolo, non direttamente del pensiero dell’antico Egitto del periodo dinastico che si estende nei tre millenni precedenti l’era volgare, ma certamente un veicolo del pensiero esoterico della tarda antichità; in realtà, i dettagli sulla continuità di quest’ultimo con il periodo dinastico devono essere ancora stabiliti dagli egittologi, ma non ci si può sottrarre a un’impressione generale di continuità. Quale che sia la verità, dalla tarda antichità all’illuminismo europeo la produzione intellettuale in campo esoterico è stata massiccia, per non dire predominante, dando luogo a un enorme corpus letterario che pochi ricercatori possono dire di aver esaminato con competenza; occorre dire che le incursioni di Bernal in questo ambito sono coraggiose e stimolanti. Una parte considerevole del secondo volume di Atena nera è dedicata a una trattazione che considera la scarsità di tracce archeologiche il risultato di una miopia accademica, esortandoci a considerare i documenti disponibili in una nuova luce. In realtà le prove documentarie non erano davvero esigue, persino nella metà degli anni Ottanta quando Atena nera è stata concepita. Eppure all’inizio pochi erano convinti dalle tesi di Bernal al riguardo. È necessario riconoscere il contributo egizio, o in generale del Vicino Oriente antico, come essenziale per la civiltà greca classica (tesi della diffusione), e al tempo stesso che Atena ha origine da un presunto modello egizio, con cui progressivamente i legami sono stati recisi, in un processo di trasformazione originato dall’integrazione con la nascente cultura locale (tesi della successiva localizzazione). Atena ha quindi un culto ben preciso perché diventa un simbolo identitario di acquisizioni culturali locali che sono specificamente greche. L’origine della civiltà greca non si trova nella netta opposizione tra afroasiatici e indoeuropei.
(traduzione di Mariagrazia Pelaia)
http://www.shikanda.net/ancient_models/gen3/aankten3.html
http://www.shikanda.net/afrocentrism/index.htm